Davide Massa a Mestre: "Cercate sempre nuovi stimoli"
Nell’insolita data di giovedì 16 novembre la Sezione di Mestre ha avuto il piacere di ospitare l’internazionale Davide Massa di Imperia. Una serata creata ad hoc per venire incontro ai numerosi impegni del giovane fischietto ligure, ma che ha comunque riscosso, come da previsione, una notevole affluenza di Associati e non.
Dopo la rituale introduzione del Presidente Giancarlo Muriotto, Massa ha preso in mano il microfono ringraziando il Presidente stesso e la Sezione per l’accoglienza riservatagli. Un ragazzo che da buona tradizione ligure si è detto “schivo e riservato”, ma che ha accolto positivamente l’iniziativa dell’AIA di portare i nazionali nelle Sezioni e quindi con estremo piacere ha intrattenuto la platea mestrina. Ampio spazio è stato riservato alle domande dei colleghi in quanto ha individuato nel “soddisfare la curiosità dei giovani arbitri” il senso della sua presenza a Mestre. Prima però si è brevemente soffermato sull’essenza dell’arbitraggio, che è uguale per tutti fin dove si arriva e permette di apprezzare la bellezza del proprio percorso arbitrale. A tal proposito ha menzionato il recente documentario TV dell’inviato Pif che ha raccontato una giornata da arbitro vista da uomini, situazioni e palcoscenici profondamente diversi. L’interrogativo che Massa si è posto è cosa accomuni questi arbitri del documentario e ha individuato tre possibili soluzioni al quesito. La prima riguarda la “cura dell’ansia”, aspetto sul quale ognuno deve lavorare perché una delle componenti fondamentali della nostra attività è la serenità nel giudizio e la gioia nel correre in campo. Il secondo momento va individuato nella “gestione dell’errore”, senza il cui superamento difficilmente si può intravedere un futuro sul terreno di gioco. Terzo aspetto è la visione dell’arbitraggio come una scuola di leadership che non trova paragoni in qualsiasi altro ambiente. La leadership “si impara sulla propria pelle” e soprattutto non si può imitare. Ecco perché ognuno deve credere in se stesso trovando il modo di far vincere il proprio stile senza inutili emulazioni. Per fa emergere il proprio io, così come per far fronte agli errori e gestire al meglio l’ansia ci vuole tanta forza d’animo e tanta fatica.
Se da un lato tutti questi aspetti accomunano l’attività arbitrale ai vari livelli da un altro la differenza tra uno di serie A ed un giovane e promettente collega d’Eccellenza è la capacità di gestire la pressione. Visto appunto dall’alto del suo livello l’arbitraggio si presenta come un hobby assolutamente meraviglioso ma anche estremamente difficile. A chiosa di ciò ha sottolineato come la patente per guidare una Formula 1 la prendono in pochi ma molti prenderanno la patente per guidare un’utilitaria prima dei propri coetanei.
La serata è poi proseguita con le numerose domande del pubblico al quale Davide non si è sottratto proponendo esempi e casi vissuti in prima persona, proprio per far capire quanto sia difficile costruire un arbitro di serie A ma anche quanto sia importante la passione nella nostra attività.
Dopo la rituale introduzione del Presidente Giancarlo Muriotto, Massa ha preso in mano il microfono ringraziando il Presidente stesso e la Sezione per l’accoglienza riservatagli. Un ragazzo che da buona tradizione ligure si è detto “schivo e riservato”, ma che ha accolto positivamente l’iniziativa dell’AIA di portare i nazionali nelle Sezioni e quindi con estremo piacere ha intrattenuto la platea mestrina. Ampio spazio è stato riservato alle domande dei colleghi in quanto ha individuato nel “soddisfare la curiosità dei giovani arbitri” il senso della sua presenza a Mestre. Prima però si è brevemente soffermato sull’essenza dell’arbitraggio, che è uguale per tutti fin dove si arriva e permette di apprezzare la bellezza del proprio percorso arbitrale. A tal proposito ha menzionato il recente documentario TV dell’inviato Pif che ha raccontato una giornata da arbitro vista da uomini, situazioni e palcoscenici profondamente diversi. L’interrogativo che Massa si è posto è cosa accomuni questi arbitri del documentario e ha individuato tre possibili soluzioni al quesito. La prima riguarda la “cura dell’ansia”, aspetto sul quale ognuno deve lavorare perché una delle componenti fondamentali della nostra attività è la serenità nel giudizio e la gioia nel correre in campo. Il secondo momento va individuato nella “gestione dell’errore”, senza il cui superamento difficilmente si può intravedere un futuro sul terreno di gioco. Terzo aspetto è la visione dell’arbitraggio come una scuola di leadership che non trova paragoni in qualsiasi altro ambiente. La leadership “si impara sulla propria pelle” e soprattutto non si può imitare. Ecco perché ognuno deve credere in se stesso trovando il modo di far vincere il proprio stile senza inutili emulazioni. Per fa emergere il proprio io, così come per far fronte agli errori e gestire al meglio l’ansia ci vuole tanta forza d’animo e tanta fatica.
Se da un lato tutti questi aspetti accomunano l’attività arbitrale ai vari livelli da un altro la differenza tra uno di serie A ed un giovane e promettente collega d’Eccellenza è la capacità di gestire la pressione. Visto appunto dall’alto del suo livello l’arbitraggio si presenta come un hobby assolutamente meraviglioso ma anche estremamente difficile. A chiosa di ciò ha sottolineato come la patente per guidare una Formula 1 la prendono in pochi ma molti prenderanno la patente per guidare un’utilitaria prima dei propri coetanei.
La serata è poi proseguita con le numerose domande del pubblico al quale Davide non si è sottratto proponendo esempi e casi vissuti in prima persona, proprio per far capire quanto sia difficile costruire un arbitro di serie A ma anche quanto sia importante la passione nella nostra attività.